Human Rights Watch, 7 luglio 2005
New York, 7 luglio 2005 - In un rapporto diffuso oggi, HRW denuncia che molti ufficiali di alto livello e consiglieri dell'attuale governo afgano sono implicati nei principali crimini di guerra e abusi dei diritti umani che ebbero luogo all'inizio degli anni '90.
Il rapporto di 133 pagine: “Blood-stained hands: past atrocities in Kabul and Afghanistan's legacy of impunity&lrquo;, basato su un'accurata ricerca compiuta negli ultimi due anni da HRW, contiene più di 150 interviste a testimoni diretti, sopravvissuti, ufficiali governativi e guerriglieri. Documenta, in particolare, i crimini di guerra e gli abusi dei diritti umani commessi durante un anno particolarmente sanguinoso durante la guerra civile in Afghanistan - l'anno 1371 del calendario afgano - dall'aprile 1992 al marzo del 1993, posteriore al crollo del governo filo-sovietico di Najibullah a Kabul.
HRW afferma che, nonostante alcuni dei perpetratori dei crimini siano morti o attualmente latitanti, molti dei capi che hanno ordinato gli abusi occupano ora cariche di rilievo all'interno del Ministero della Difesa o dell'Interno, o sono consiglieri del presidente Karzai. Alcuni sono candidati alle elezioni parlamentari e locali previste per settembre 2005. Altri, in veste di signori della guerra o signorotti locali, controllano chi occupa posizioni ufficiali.
|
|
BLOOD-STAINED HANDS (rapporto HRW), 7 luglio 2005 |
Brad Adams, direttore esecutivo della sezione per l'Asia di HRW, precisa: « Questo rapporto non è soltanto una lezione di storia. Le atrocità commesse sono state tra le più feroci nella storia afgana; nonostante ciò molti dei criminali sono oggi al potere.»
Il periodo temporale considerato nel documento, l'anno afgano 1371, è stato segnato da intensi combattimenti a Kabul, tra i mujahedeen e le fazioni del governo precedente, in gara per il potere dopo il crollo del governo. All'inizio dell'anno la città rimase indenne ai conflitti armati, ma, man mano che gli scontri si facevano più intensi, interi quartieri di Kabul furono rasi al suolo, decine di migliaia di civili furono uccisi o feriti, e almeno mezzo milione di persone fu costretta a spostarsi.
Le fazioni rivali commisero abusi sui diritti umani, violando le regole di combattimento, bombardando illegalmente aree civili, sequestrando e uccidendo gli abitanti e saccheggiando aree civili. Il documento mostra che gli abusi di quel periodo non furono né inevitabili conseguenze della guerra né errori involontari, ma piuttosto il risultato di atti illegali e omissioni da parte dei comandanti delle fazioni locali. Il rapporto osserva che molti dei comandanti possono essere incriminati per il loro comportamento durante questo periodo.
HRW ha sollecitato il governo afgano e la comunità internazionale a dare massima priorità alla persecuzione di questi criminali, creando una Corte Speciale.
«Se questi criminali restano impuniti, è probabile che commettano ancora abusi e si servano della violenza per restare al potere», dichiara Adams. «Rappresentano una minaccia continua per il futuro dell'Afghanistan.»
Per mantenere l'indipendenza e garantire il rispetto del codice internazionale, HRW ha raccomandato che la Corte sia costituita di giudici afgani e internazionali, con una maggioranza di quelli internazionali, e di un pubblico ministero internazionale.
Poiché una riforma giudiziaria è un primo passo necessario per qualsiasi tentativo significativo di fornire giustizia per gli abusi passati, HRW ha anche sollecitato il governo ad intensificare gli sforzi per riformare il sistema giudiziario e per costituire una magistratura indipendente.
HRW ha inoltre richiesto che il governo afgano prenda provvedimenti per sospendere da incarichi governativi le persone sospettate di aver preso parte agli abusi.
Molti afgani, soprattutto a Kabul, hanno un ricordo terribile dei combattimenti all'inizio degli anni '90. Un testimone ha descritto un incidente in cui le fazioni bombardarono dei civili da una delle montagne che dominano Kabul: «Sparavano nelle strade…furono uccise 17 persone…erano chiaramente dei civili. Non c'è dubbio, indossavano il burqa, e c'erano dei bambini.»
Un'infermiera afgana, citata nel rapporto, ha descritto gli effetti della guerriglia nelle strade: «Centinaia di persone venivano ferite ogni volta che si combatteva. Gli ospedali erano sovraffollati dai pazienti e non riuscivamo a curare tutti quelli che arrivavano. Le persone morivano nel'atrio…»
HRW scrive che buona parte degli ultimi 27 anni della storia dell'Afghanistan sono stati segnati da abusi dei diritti umani e violazioni del codice di guerra. L'Afghanistan ha sofferto 14 anni di dominazione sovietica, dal 1978 al 1992, marcati dalle atrocità commesse dall'esercito russo: bombardamenti a tappeto di aree civili, assassinio e tortura dei prigionieri, pesante repressione politica. Anche i talebani, al governo dal 1996 al 2001, commisero crimini di guerra ed altri abusi e governarono quasi completamente ignari dei principi dei diritti dell'uomo.
«Oggi, in Afghanistan, i responsabili delle violazioni - talebani, mujahedeen, comunisti - godono di una totale impunità nel nome della riconciliazione nazionale,» dice Adams, «è un insulto nei confronti delle vittime ed un affronto alla giustizia internazionale.»
Il rapporto di HRW accusa numerosi leaders e comandanti di diverse fazioni per il ruolo che hanno avuto in tali abusi; tra gli altri:
Abdul Rabb al-Rasul Sayyaf, islamista radicale e leader della fazione Ittihad-e Islami. Attualmente consigliere di Karzai, detiene un potere politico non indifferente sulla magistratura afgana e ha numerose connessioni all'interno del governo;
Abdul Rashid Dostum, leader della fazione Junbish-e Milli. Occupa un posto di alta responsabilità al Ministero della Difesa ed esercita controllo politico su molte province nel nord dell'Afghanistan;
Mohammad Qasim Fahim, ministro della difesa dal 2001 al 2004, fu uno dei comandanti delle fazioni Jamiat-e Islami e Shura-e Nazar di Burhanuddin Rabbani e Ahmed Shah Massoud (ucciso nel 2001);
Karim Khalili, comandante nella fazione Hezb-e Wahdat, attualmente uno dei due vice presidenti di Karzai;
Gulbuddin Hekmatyar, leader della fazione Hezb-e Islami. Si è macchiato di alcuni tra i più brutali crimini di guerra di quel periodo. Attualmente latitante, si pensa stia coordinando la guerriglia contro l'esercito afgano ed americano all'interno dell'Afghanistan.
Secondo quanto scritto da HRW, numerosi altri comandanti delle fazioni Jamiat-e Islami e Shura-e Nazar, implicate nei crimini commessi durante i primi anni '90, sono ora candidati per il parlamento oppure occupano diverse posizioni all'interno dei corpi militari e di polizia. Molti comandanti dell'Ittihad di Sayyaf occupano posti di rilievo nei settori della sicurezza e della magistratura.
Accanto alla Corte Speciale, il documento raccomanda che il Presidente promuova la creazione di una commissione di esperti che propongano e favoriscano programmi che non sono di competenza della Corte Speciale, in quanto al di fuori della sua giurisdizione, che creino un archivio dei documenti storici degli abusi passati, che provvedano a garantire un adeguato risarcimento alle vittime, che avviino iniziative educative, come l'integrazione dei recenti fatti storici nei testi scolastici.
«Se l'Afghanistan non inizia a rendersi conto del proprio passato ed a tenerne conto, il passato può ripetersi», afferma Adam.
Alcuni passi estratti dal rapporto.
Resoconto di un attacco di artiglieria dalla fazione Hezb-e Islami di Hekmatyar, contro un'area civile nella parte occidentale di Kabul, nel giugno del 1992:
«Erano circa le quattro del pomeriggio, stavo cuocendo del pane, fuori, sul fuoco. Improvvisamente ci fu una tremenda esplosione. Io cercai riparo per terra. Poi, un'altra esplosione. Mi alzai e vidi questa donna [indica una vicina, che annuisce piangendo], iniziare a correre qua e là. Suo figlio, che era seduto vicino a questo muro quando iniziarono i bombardamenti, fu disintegrato. Questa donna correva come una pazza, raccogliendo i pezzi di cadavere [del figlio] nel grembiule, e piangendo… Era stato completamente disintegrato, si era volatilizzato.»
Un testimone descrive una tipica scena di guerriglia per le strade di Kabul verso la metà del 1992:
«C'erano munizioni ovunque, era terribile. Tutti cercavano di scappare dalla violenza dei combattimenti. I mariti si dimenticavano delle mogli, i fratelli delle sorelle, le madri dei figli, gli zii dei nipoti, tutti correvano e pensavano solo a salvarsi… Vedevo uomini e donne fuggire dai luoghi del combattimento, lanciarsi per le strade verso di noi. Contemporaneamente, alcuni dei proiettili, o le schegge di granata, colpivano le persone, che cadevano per strada. Gli altri continuavano a correre, senza preoccuparsi di salvare chi era stato ferito, fuggivano per salvare la propria pelle. Fu un giorno terribile.»
Un operatore sanitario nella parte occidentale di Kabul descrive come la fazione Jamiat-e Islami di Ahmed Shah Massoud aprì il fuoco sulla popolazione civile dalla ‘montagna della televisione’, nel centro di Kabul:
«C'è stato un periodo in cui le truppe della fazione Jamiat erano stanziate sulla collina e sparavano a qualsiasi cosa si muovesse in Alaudin Street [una delle strade principali della zona occidentale]. Miravano a qualsiasi cosa si muovesse, perfino i gatti.» Ricordo che [una volta] uscii dalla clinica [per cercare del materiale medico], e quando mi videro cominciarono a spararmi. Tutto ciò che somigliava ad un essere umano veniva preso di mira. Mi spararono di tutto: razzi, granate, proiettili. In quel periodo le strade erano disseminate di proiettili.»
Un civile Pashtun, sequestrato nel 1992 e imprigionato dalla fazione a predominanza Pashtun, la Ittihad-i Islami, comandata da Abdul Rabb al-Rasul Sayyaf, racconta:
Le forze di Sayyaf catturarono trenta o quaranta civili Hazara… Non erano guerriglieri, ma civili, vecchi e giovani. [In seguito] i combattimenti [là fuori] si fecero intensi. Potevamo udire l'artiglieria. Spararono a lungo. Sentivo gli uomini di Sayyaf parlare di ritirata. Ad un certo punto, uno di loro chiese al comandante Tourgal [un comandante dell'Ittihad]: “Cosa dobbiamo farne di questi prigionieri?”
«Parlavano in Pashto e gli Hazara non potevano capire, ma io sì. Qualcuno disse: “Vai e uccidili”.
«Ero vicino alla porta e, nell'udire queste parole, mi affrettai a nascondermi in un angolo della stanza [contro la parete in cui si trovava la porta]. Arrivò un uomo, aprì la porta e sparò a raffica con un Kalashnikov. Circa dieci persone furono uccise immediatamente, quattro rimasero ferite … Dopo, nessuno si mosse. Noi [i sopravvissuti] stavamo tremando di paura.»
Uno studente tajiko, rapito dalla fazione Hezb-e Wahdt di Abdul Ali Mazari nel 1992, racconta:
«Un comandante venne con due guardie del corpo…“Voi due venite da Shomali e state aiutando Massoud!”, disse. Io risposi: “Sono uno studente di medicina, né io né mio fratello siamo soldati. Veniamo da Shomali, ma non siamo soldati.” - “Stai zitto”, disse. E le guardie ci puntarono contro i Kalashnikov. Il comandante ordinò loro di portarci via…»
Una testimonianza dell'uccisione di civili da parte della fazione Ittihad di Sayyaf nel quartiere Afshar, nella parte occidentale di Kabul, nel febbraio 1993:
Najaf Karbalie, un anziano, era uscito di casa, fu allontanato dalla sua famiglia per essere arrestato. La moglie gli si aggrappò e cercò di tirarlo via, pregando: “Vi prego, lasciatelo stare, è vecchio, lasciatelo andare.” Ma i soldati non lo lasciavano … ed iniziarono a picchiarlo. Picchiarono anche qualcun altro che stava lì vicino.
«La moglie di Karbalie e un'altra donna si lanciarono su di loro, sui mariti, gridando contro i soldati e insultandoli. Le truppe presero entrambe le donne, le strapparono dai mariti, le gettarono a terra e le uccisero.
«Estrassero i fucili a baionetta e accoltellarono ripetutamente le donne stese per terra. Abbiamo visto tutto. All'inizio le donne avevano le convulsioni, i loro piedi si contraevano. Poi sono morte. I due uomini svennero. Erano incoscienti. Le donne dovevano avere sui 35-40 anni. Penso che una di esse fosse incinta, o almeno sembrava incinta…»
Un residente di Kabul descrive l'esecuzione sommaria di un civile da parte di un soldato della fazione Harakat-e Islami nel settembre 1992:
«Avevo un negozio di fronte a casa mia. Una mattina mi trovavo lì, seduto fuori, quando vidi un ragazzo passare. Si era sposato di recente. Poi udii degli spari per strada. Guardai e vidi che il ragazzo era stato colpito e giaceva per terra. Quest'altro tizio era sopra di lui e gli teneva una pistola premuta contro la tempia. Gli sparò. Il ragazzo morì. Altre persone si avvicinarono e si fermarono vicino al cadavere… L'assassino, che era della fazione Harakat, camminò verso di noi, lentamente, con l'aria di quello che può fare tutto quello che gli aggrada. Lo vedemmo chiaramente. Sapevamo che era un soldato dell'Harakat.»
Un corrispondente della BBC è stato testimone di violenze e soprusi commesse dalla fazione Junbish-e Milli di Abdul Rashid Dostum:
«Quelli del Junbish si sono dati al saccheggio… Abbiamo filmato truppe Junbish mentre picchiavano un ragazzo che andava in bicicletta. Credo volessero la bicicletta… Lo molestavano coi Kalashnikov, ma quando ci videro, puntarono verso di noi, lasciandolo andare. Un'altra volta, le truppe Uzbeke [Junbish] ci videro e inscenarono qualcosa per la telecamera. Avevano questo prigioniero, un civile. Lo fecero mettere a qualche metro da loro e cominciarono a sparargli ai piedi coi Kalashnikov per farlo ballare. Gli gridavano: “Balla, balla!” e continuavano a sparargli ai piedi.»